Il quaderno propone una analisi critica della legge che, a partire dal 2019, ha introdotto in Italia il cosiddetto «reddito di cittadinanza». Se da un lato essa è certo una misura molto importante per risorse mobilitate e apprezzabile per la volontà di attenuare la miseria di ampi settori della popolazione, dall’altro autorizza diverse obiezioni. In particolare si rileva la sovrapposizione tra una funzione di assistenza e una di avviamento al lavoro. Elemento, questo, che condivide con il modello del nuovo welfare neoliberale (il cosiddetto workfare, e le relative «politiche attive del lavoro»), per cui il sostegno al reddito è condizionato alla auto-attivazione del soggetto (suggerendo così che la disoccupazione sia in qualche modo volontaria), al suo “reinserimento” lavorativo, alla sua accettazione di lavori spesso sottopagati. È il caso del sistema tedesco, in cui le riforme del welfare realizzate vent’anni fa hanno prodotto una situazione di diffusa “precarietà assistita”.
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